DAO applicato al play-to-earn: le gilde

Per DAO (Decentralized Autonomous Organization) si intende un gruppo di sviluppatori che attraverso un codice open-source fungono da “gruppo di investimento” nel mercato delle crypto, operando come una sorta di “Venture Capital”. Tale concetto nato su rete Ethereum nel 2016, oggi si è esteso anche al mondo dei giochi play-to-earn: le DAO in questo campo, prendono spesso il nome di “Gilde”.

Per cominciare, cosa è una DAO?

DAO è l’acronimo di Decentralized Autonomous Organization, e si tratta quindi di organizzazioni che, ispirate al concetto di decentralizzazione proprie delle cryptovalute, sono nate nel 2016 da un’idea di alcuni sviluppatori, per gestire in modo automatico ed automatizzato le transazioni sul mercato crypto. Dei gruppi di sviluppatori, attraverso un software, in genere open-source, automatizzano quindi le operazioni di acquisto e di vendita delle divise crypto, creando in questo modo una sorta di “fondo” ed operando con le modalità di una “Venture Capital”, ma ovviamente senza una struttura gerarchica, essendo affidato al software, in modo del tutto automatico, le scelte di governance del fondo stesso.

Il presupposto, quasi utopico, da cui l’idea di DAO parte era appunto l’assenza di un intervento di governance “umano”; si credeva che automatizzando le operazioni sul fondo, affidate esclusivamente al software, si potesse risolvere sia il problema dell’errore umano, che dell’avidità umana, non prestandosi questa tipologia di fondi ad essere manipolati per scopi personali.

In sostanza, quindi, un DAO raccoglie la partecipazione di alcuni “investitori” che partecipano tutti, in maniera proporzionale alla quantità di valore affidata al DAO -attraverso una sorta di crowdfunding-, alle scelte iniziali del DAO stesso, attraverso una piattaforma in cui si mettono al voto determinati progetti di investimento, che successivamente, qualora approvati, saranno gestiti esclusivamente in modo automatizzato.

Criticità, morte e rinascita delle DAOs

Nel 2016 quando sono state lanciante, le DAOs hanno raccolto una grande quantità di adesioni, e sono arrivate a numeri davvero impressionanti, realizzando circa il 30% delle transazioni sul mercato dei token crypto. Tuttavia, già alla fine dello stesso 2016 si erano manifestate una serie di criticità decisamente “invalidanti”: la maggior parte di questi DAO si era dimostrato vulnerabile ad attacchi hacker, ed una percentuale non indifferente delle risorse che essi gestivano era stato “trafugato” grazie a falle nella sicurezza.

I principali Exchange di cryptovalute quindi avevano provveduto ad una sorta di “delisting” dai propri portafogli di questi fondi DAO, ed il fenomeno è scemato, fino quasi a scomparire del tutto. Il colpo di grazia è stato assestato nel luglio 2017 dalla Securities and Exchange Commission (SEC) che ha pubblicato un rapporto, secondo cui le DAOs avrebbero venduto titoli sotto forma di token sulla blockchain di ethereum, violando così alcuni articoli della legge statunitense sulle transazioni sui titoli. Potremmo dire che nell’anno 2019 il fenomeno DAO era assolutamente “morto”.

Nonostante ciò l’interesse nei confronti del “concetto” di una struttura decentralizzata di Venture Capital, continua ad essere una chimera inseguita non solo dagli sviluppatori, dai “fedeli” e dagli “accoliti”, ma anche da alcuni analisti indipendenti. A metà del 2021 il concetto di DAO sembra essere riapparso: in particolar modo “The Maker Foundation”, uno dei pionieri del primo fenomeno DAO, ha annunciato la fusione per incorporazione all’interno di MakerDAO (creatrice dello “stablecoin” DAI).

Ovviamente continuano ad essere presenti una serie di perplessità in merito alla rinascita di questo fenomeno, perplessità che riguardano i due aspetti critici di cui abbiamo già parlato primo, e che avevano decretato la “morte momentanea” delle DAOs, ovvero la sicurezza e la legalità. Non bisogna però dimenticare che esistono esempi di DAO perfettamente funzionanti: è il caso della cryptovaluta DASH, la cui struttura di bilancio e governance, rispecchia in tutto e per tutto il modello decentralizzato tipico di una DAO.

Con la nascita nel 2021 dei primi giochi play to earn il “modello DAO” sembra essere stato “resuscitato” soprattutto perchè questi giochi hanno una struttura ibrida tra tecnologico e finanziaria (“in inglese si utilizza la parola “fintech” decisamente appropriata). Moltissimi dei giochi play-to-earn adottano una sorta di “modello DAO”, soprattutto per la governance del gioco stesso a cui partecipano ovviamente i giocatori proprietari di token del gioco o di assets del gioco. Questo aspetto sarà approfondito nel prossimo paragrafo.

Il modello DAO applicato al Play-To-Earn

Come abbiamo accennato l’introduzione dei giochi play-to-earn ha ridato un “soffio vivificatore” al modello DAO, soprattutto per quanto riguarda l’attribuzione della governance all’interno di questi giochi. I giocatori che posseggono token ed assets di gioco (come NFT, terre virtuali, strumenti di gioco, etc.) vengono chiamati ad esprimere il proprio voto circa le scelte future del gioco stesso. In un gioco play-to-earn i giocatori vengono in qualche modo ricompensati attraverso l’attribuzione di token od altri assets di gioco e tale sistema di ricompense è l’aspetto chiave di un gioco play-to-earn di successo. Alcuni giochi assumono le scelte in questo campo (che viene comunemente denominato “tokenomics”) a livello centralizzato, altri invece aprono al voto dei giocatori stessi, utilizzando quello che abbiamo visto essere il modello DAO. Ma questo non è che l’aspetto più essenziale del fenomeno che sta nascendo. L’evoluzione di questo modello sembra volgere verso quelle che sono denominate “gilde”

Le gilde: un connubio tra giocatori-puri e giocatori-investitori

I principali giochi play-to-earn permettono quindi una partecipazione secondo il modello DAO, partecipazione che però è limitata, o meglio “riservata”, ai possessori di NFT esclusivi o ai possessori di un determinato stock di token di gioco, limitando in tal modo il diritto di voto.

Proprio per ovviare a questo problema, o meglio per riuscire a “contare” maggiormente in determinati giochi play-to-earn si stanno sviluppando sul modello DAO originale, una serie di gruppi di gioco, denominati “gilde”, il cui scopo è quello da un lato di riuscire ad ottimizzare le risorse investite e dall’altro di “contare” come gruppo di voto per indirizzare lo sviluppo futuro di questi giochi.

Tutto comincia con una sorta di crowdfunding con cui questi gruppi “associano” i giocatori play-to-earn per mettere in comune le risorse e fungere quindi da unico gruppo di acquisto/voto. Un DAO applicato al Play-To-Earn è in grado di raccogliere fondi per acquistare beni di gioco di valore, per poi prestarli ai giocatori e condividere i guadagni. All’interno di queste gilde, ovviamente, un esercizio di voto è concesso a tutti i partecipanti per stabilire su quali giochi puntare, o quali collezioni NFT acquistare. Ad oggi sono tre le principali gilde che stanno mettendo in pratica questo modello; esse sono:

L’obiettivo di queste gilde su modello DAO è quello di rendere più accessibile il play-to-earn, da questo punto di vista esse possono essere anche un buon gruppo di supporto per i propri iscritti.

Rischi connessi alle Gilde o meglio alla DAO applicata al play-to-earn.

Così come le prime DAOs si sono rivelate assai rischiose, sia per questioni di sicurezza che per questioni legali, anche il nuovo modello che su esse si basa applicato al play-to-earn ed alle Gilde, non è scevro da rischi.

A causa della natura volatile del valore degli NFT che dipende in larga parte anche dall’ascesa e caduta dei giochi nella popolarità tra il pubblico di appassionati, detenere uno “stock” di token crypto di una gilda o  affidare alla stessa gilda altri tipi di risorse può essere estremamente rischioso. Il rischio consiste  nel fatto che il valore di questo token è fortemente dipendente dai rendimenti che vengono generati dagli asset NFT che essa detiene, e dei token dei giochi play-to-earn in cui essa ha deciso di investire.

D’altra parte, il segmento dei giochi crypto è decisamente giovane, e sebbene onusto di potenzialità potrebbe scomparire proprio come segmento; ovviamente tutto ciò che su esso è stato costruito crollerebbe di conseguenza.

Ma se si accetta tale rischio e si è tra gli appassionati di giochi, avendo del tempo libero a disposizione da poter dedicare ai giochi di criptovalute, unirsi a una gilda di potrebbe essere un buon passo per divertirsi e riuscire magari ad avere un minimo di remunerazione del tempo investito. (ricordiamo qui che tranne eccezioni -e per tale motivo si chiamano eccezioni- non crediamo si possano considerare i giochi play-to-earn, investimenti)

Con l’aumento della popolarità dei giochi play-to-earn e lo sviluppo dei metaversi, sarebbe interessante vedere come si svilupperà il mercato dei giochi crypto nei prossimi anni. Al momento la capitalizzazione di tutti i token crypto collegati ai giochi è decisamente interessante in quanto è circa 24 miliardi di dollari!

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